IO AMO TE
I LOVE YOU

L’opera di Luigi Carboni fin dalle prime esposizioni si impone con una pittura molto personale, lontana da possibili etichettature, dapprima sperimentando materiali e tecniche diversi, pittura, scultura
e installazione.

Tiene la sua prima personale nel 1983 alla Galleria Spazia di Bologna e da quel momento le esposizioni collettive e personali seguono numerose in gallerie private, musei ed istituzioni in Italia e all’estero, per citarne alcune: Studio la Città, Verona; Giò Marconi e Studio Marconi, Milano; Otto Gallery, Bologna; Jack Shainman, New York; Lumen Travo Gallery, Amsterdam; Patricia Faure Gallery, Santa Monica, Los Angeles; Leonard Hutton Galleries, New York; Kodama Gallery, Osaka; MACRO, Museo D’Arte Contemporanea Roma; MAC Museo di Arte Contemporanea di Lissone; Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro; PAC, Padiglione Arte Contemporanea, Milano; Zuecca Project Space, Venezia; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, San Marino; GAM, Galleria d’Arte Moderna, Bologna; Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Forti, Verona; Fondazione 107, Torino; Fondazione Melina Mercuri, Atene; Fondazione Schaufler, SCHUWERK, Germania; Museum Art Plus, Germania; Museum of Art, Fukuyama, Giappone; Museo de Arte Contemporanea Sofia Iber, Caracas.

Dagli anni '90 il suo lavoro si è concentrato soprattutto sulla pittura, di cui lui studia l’aspetto estetico nel suo versante più colto e raffinato, realizzando dapprima una pittura “tattile” rivolta alla superficie, successivamente tale pittura si evolve attraverso la ricerca di una nuova profondità. La peculiarità dell’ultimo ciclo di lavori di Carboni, iniziato nel 2019, è nella ridefinizione del concetto di disegno, di schizzo: una tecnica spesso reputata ausiliaria, ma che ora diventa dominante. Il suo caratteristico segno mimetico, sottaciuto dal colore negli anni precedenti, irrompe con prepotenza, si sviluppa e si sfalda direttamente sulla superficie. Un’unica linea, serpentinata e indissolubile, ci costringe a sprofondare in un groviglio, tra assalti e affronti, dove la mano del pittore fa gemere di piacere l’immagine stessa della pittura.

Since his first exhibitions Luigi Carboni’s work stands out with a very personal painting, far from possible labelling, at first experimenting with different materials and techniques, painting, sculpture and installation.

He held his first solo exhibition in 1983 at the Spazia Gallery in Bologna and from that moment group and solo exhibitions followed numerous in private galleries, museums and institutions in Italy and abroad, to name a few: Studio la Città, Verona; Giò Marconi and Studio Marconi, Milan; Otto Gallery, Bologna; Jack Shainman, New York; Lumen Travo Gallery, Amsterdam; Patricia Faure Gallery, Santa Monica, Los Angeles; Leonard Hutton Galleries, New York; Kodama Gallery, Osaka; MACRO, Museo D’Arte Contemporanea Roma; MAC Museo di Arte Contemporanea, Lissone; Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro; PAC, Padiglione Arte Contemporanea, Milan; Zuecca Projet Space, Venice; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, San Marino; GAM, Galleria d’Arte Moderna, Bologna; Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Forti, Verona; Fondazione 107, Turin; Fondazione Melina Mercuri, Athens; Schaufler Foundation, SCHUWERK, Germany; Museum Art Plus, Germany; Museum of Art, Fukuyama, Japan; Museo de Arte Contemporanea Sofia Iber, Caracas.

Since the 1990s his work has focused mainly on painting, of which he studies the aesthetic aspect in its most cultured and refined side, first making a “tactile” painting aimed at the surface, later such painting evolves through the search for a new depth. The peculiarity of Carboni’s latest cycle of works, begun in 2019, is in the redefinition of the concept of drawing, of sketching: a technique often considered auxiliary, but which now becomes dominant. His characteristic camouflage mark, muted by color in previous years, bursts with overbearance, developing and breaking apart directly on the surface. A single line, serpentine and indissoluble, forces us to sink into a tangle, between assaults and affronts, where the painter’s hand makes the very image of painting groan with pleasure.

L’opera di Luigi Carboni fin dalle prime esposizioni si impone con una pittura molto personale, lontana da possibili etichettature, dapprima sperimentando materiali e tecniche diversi, pittura, scultura
e installazione.

Tiene la sua prima personale nel 1983 alla Galleria Spazia di Bologna e da quel momento le esposizioni collettive e personali seguono numerose in gallerie private, musei ed istituzioni in Italia e all’estero, per citarne alcune: Studio la Città, Verona; Giò Marconi e Studio Marconi, Milano; Otto Gallery, Bologna; Jack Shainman, New York; Lumen Travo Gallery, Amsterdam; Patricia Faure Gallery, Santa Monica, Los Angeles; Leonard Hutton Galleries, New York; Kodama Gallery, Osaka; MACRO, Museo D’Arte Contemporanea Roma; MAC Museo di Arte Contemporanea di Lissone; Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro; PAC, Padiglione Arte Contemporanea, Milano; Zuecca Project Space, Venezia; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, San Marino; GAM, Galleria d’Arte Moderna, Bologna; Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Forti, Verona; Fondazione 107, Torino; Fondazione Melina Mercuri, Atene; Fondazione Schaufler, SCHUWERK, Germania; Museum Art Plus, Germania; Museum of Art, Fukuyama, Giappone; Museo de Arte Contemporanea Sofia Iber, Caracas.

Dagli anni '90 il suo lavoro si è concentrato soprattutto sulla pittura, di cui lui studia l’aspetto estetico nel suo versante più colto e raffinato, realizzando dapprima una pittura “tattile” rivolta alla superficie, successivamente tale pittura si evolve attraverso la ricerca di una nuova profondità. La peculiarità dell’ultimo ciclo di lavori di Carboni, iniziato nel 2019, è nella ridefinizione del concetto di disegno, di schizzo: una tecnica spesso reputata ausiliaria, ma che ora diventa dominante. Il suo caratteristico segno mimetico, sottaciuto dal colore negli anni precedenti, irrompe con prepotenza, si sviluppa e si sfalda direttamente sulla superficie. Un’unica linea, serpentinata e indissolubile, ci costringe a sprofondare in un groviglio, tra assalti e affronti, dove la mano del pittore fa gemere di piacere l’immagine stessa della pittura.

Since his first exhibitions Luigi Carboni’s work stands out with a very personal painting, far from possible labelling, at first experimenting with different materials and techniques, painting, sculpture and installation.

He held his first solo exhibition in 1983 at the Spazia Gallery in Bologna and from that moment group and solo exhibitions followed numerous in private galleries, museums and institutions in Italy and abroad, to name a few: Studio la Città, Verona; Giò Marconi and Studio Marconi, Milan; Otto Gallery, Bologna; Jack Shainman, New York; Lumen Travo Gallery, Amsterdam; Patricia Faure Gallery, Santa Monica, Los Angeles; Leonard Hutton Galleries, New York; Kodama Gallery, Osaka; MACRO, Museo D’Arte Contemporanea Roma; MAC Museo di Arte Contemporanea, Lissone; Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro; PAC, Padiglione Arte Contemporanea, Milan; Zuecca Projet Space, Venice; Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, San Marino; GAM, Galleria d’Arte Moderna, Bologna; Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Forti, Verona; Fondazione 107, Turin; Fondazione Melina Mercuri, Athens; Schaufler Foundation, SCHUWERK, Germany; Museum Art Plus, Germany; Museum of Art, Fukuyama, Japan; Museo de Arte Contemporanea Sofia Iber, Caracas.

Since the 1990s his work has focused mainly on painting, of which he studies the aesthetic aspect in its most cultured and refined side, first making a “tactile” painting aimed at the surface, later such painting evolves through the search for a new depth. The peculiarity of Carboni’s latest cycle of works, begun in 2019, is in the redefinition of the concept of drawing, of sketching: a technique often considered auxiliary, but which now becomes dominant. His characteristic camouflage mark, muted by color in previous years, bursts with overbearance, developing and breaking apart directly on the surface. A single line, serpentine and indissoluble, forces us to sink into a tangle, between assaults and affronts, where the painter’s hand makes the very image of painting groan with pleasure.